martedì 13 dicembre 2016

Serie TV: Westworld e 3%

Con le serie TV non ti puoi distrarre un attimo... finisce l'esaltazione per Black Mirror e ce ne sono subito altre quattro o cinque da vedere assolutamente.
Parlerò (piuttosto rapidamente) di due di esse, che al momento non hanno particolarmente attecchito con il sottoscritto.


Westworld è una serie USA ambientata in un parco di divertimento tematico. Nomi famosi: Evan Rachel Wood e Jonathan Nolan, fratello del più famoso Cristopher, oltre a Ed Harris e Anthony Hopkins. Westworld è un parco tematico. Un vecchio West dove arrivi, ti ubriachi, vai a cavallo, fai il prepotente contro dei robot quasi indistinguibili dagli umani, fai stragi, compi soprusi sulle donne (robot) eccetera, tanto nessuno reagisce, o meglio, reagiscono solo per farsi ammazzare. Impossibile soffocare l'impressione di "già visto" perché la tematica è la stessa de Il Mondo dei Robot, film anni '70 con Yul Brinner (attore pelato a zero famoso all'epoca) nei panni del robot che si ribella. C'è poco da stupirsi.


In effetti Il Mondo dei Robot in inglese era proprio Westworld (dalla mente di Michael Crichton che ha anche diretto il film), la trama di questa serie moderna ha gli stessi presupposti, e ci sono stati in passato altri adattamenti dopo il primo; lo stesso Jurassic Park sempre di Crichton in fondo riprende la medesima idea, il parco divertimenti che diventa una pericolosa trappola. Insomma, non ne sentivo il bisogno, dal punto di vista dell'originalità, tuttavia credo fermamante che non sia tanto importante cosa si narra, ma come. E infatti è qui che casca l'asino, perché Westworld mi è sembrato piuttosto noioso. C'è già in embrione il problema della psiche dei robot, che potrebbero diventare incontrollabili. E tensioni, lotte di potere nel cast che fa funzionare il parco e decide le "trame narrative" da introdurre (i robot sono come gli NPC di un gioco di ruolo). Forse c'è sotto anche dell'altro, ma intanto la storia procede in maniera decisamente lenta e prevedibile, con qualche scena di violenza e di nudità gratuita a ravvivare l'atmosfera.
Vedete e giudicate voi, Westworld non ha colto il mio interesse.


3% è una serie ambientata in Brasile (la serie è brasiliana a tutti gli effetti, a noi arriva tramite Netflix). La storia comincia con dei giovani che si dirigono alla loro "selezione:" solo il 3% di loro è destinato a una vita migliore in un mondo "perfetto" che si trova nelle comunità offshore. Modernissimo mondo artificiale dove tutto va bene. L'entroterra tocca invece a chi sarà scartato (un mondo di favelas e povertà, e ingiustizia). Questi ventenni, che hanno una sola possibilità di partecipare alla selezione, vengono ricevuti da un dirigente (Ezequiel) che parla di merito che viene giustamente ricompensato, e deride i "populisti" che non vogliono capirlo, quelli che criticano il procedimento in nome di una falsa e ipocrita uguaglianza.


L'impressione che ho subito avuto è stata: la premessa è scema. Un gruppo di privilegiati, diciamo il famoso 1 per cento di cui si parla tanto, non selezionerebbe persone da far entrare nella classe sociale avvantaggiata in questo modo, offrendo qualche tipo di test o competizione all'età di vent'anni con l'ingresso a mo' di premio destinato a pochi, e una vita di risentimento se non ci si riesce. Verrebbero prelevati i talenti come e quando servono, e in qualsiasi momento (quello che succede nella vita reale: in teoria hai sempre una possibilità di essere notato o di fare successo, no?), e in secondo luogo non si toglierebbe la speranza a dei giovani, trasformandoli in contestatori (dai venti anni fino alla morte... un bel problema da gestire). C'è addirittura una specie di culto verso la coppia fondatrice (dell'universo offshore) e da quello che vedo nella seconda puntata gente anche anziana ci crede, come a una religione. Ma davvero? La religione dei privilegiati che ti hanno fregato e lasciato nella baraccopoli? E perché un povero o un escluso dovrebbero crederci?
Per questa noncuranza nel definire l'ambientazione 3% mi suona un po' come The Hunger Games, universo dove i privilegiati non si fanno alcun problema a farsi belli del loro vantaggio, con tutto il pericolo che questo comporta (un'ambientazione che mi ha lasciato molto perplesso).

Altro dubbio: ci sarà davvero questo mondo perfetto senza ingiustizie alla fine della selezione? O magari c'è un bel tritacarne per eliminare i finti vincitori, per i quali non è in realtà previsto un bel niente? Per inciso, sarebbe una soluzione cattivella ma intelligente. Diamo a quelli delle favelas una speranza!
Il processo di selezione in effetti mi pare più improntato, nel primo colloquio, a scegliere candidati per show tipo il Grande Fratello che a scoprire persone potenzialmente in gamba (la disinvoltura sociale ha un grosso peso). Nella seconda prova vedremo anche che chi frega il prossimo viene premiato... ma non anticipo oltre.



Cosa aggiungere? Esiste un movimento di resistenza, la Causa, di cui all'inizio sappiamo pochissimo (ma sono insidiosi e con reale capacità di dare fastidio). Si vogliono infiltrare nella selezione, e il dirigente che la comanda, Ezequiel, è uno dei loro principali bersagli (lui, poverino, ha però anche dei nemici interni). E questo potrebbe essere un elemento interessante della trama. Ma 3% mi sembra troppo una "distopia per giovani adulti," genere che digerisco davvero poco. Superficiale, a tratti pure noioso. Però, anche in questo caso, è meglio che non vi fidiate di me e proviate a vederne almeno l'inizio.


3 commenti:

M.T. ha detto...

Persone con un minimo di buon senso rigetterebbero chi li ha messi in una situazione disagiata, altro che adorarli. Purtroppo la realtà dimostra il contrario: Italia docet (e questo la dice lunga su che fine ha fatto il buon senso). Quindi su questo punto 3% mi sembra realistico (mi baso su quello che hai scritto, non avendo visto la serie)

Bruno ha detto...

secondo me il guaio è che gli sceneggiatori del "distopico young adult" non si curano molto dell'ambientazione salvo alcuni punti fondamentali, per il resto il loro pubblico è abbastanza inesperto e di bocca buona, o così è considerato, e forse a ragione visto il successo dei film di Hunger Games.
A me puzza un po' come simile all'atteggiamento verso il fantasy che c'era qualche anno fa: un filone da sfruttare spietatamente, e se la qualità ne soffre... non importa.

M.T. ha detto...

L'atteggiamento è lo stesso: di distopia e fantasy rimane poco, il resto è tutto Young adult. Peccato che così si perde tanto. Mi fai venire in mente The 100: non era male come idea e aveva cose positive, solo che si perdevano nelle diverse trame amorose.