lunedì 22 luglio 2013

Che fine ha fatto Tanith Lee?

Scrittrice capace di creare magia con le parole, di suscitare a poco a poco grandi suggestioni, di infondere sempre (o quasi) una fortissima passione nelle sue storie, eppure poco tradotta in italiano e, a quanto ho letto facendo una perlustrazione in rete, ormai in declino anche nella sua Inghilterra.
Parlo di Tanith Lee. Conosco quello che ha scritto? Vergognosamente poco. Nel giugno del 2007, agli albori di questo blog avevo parlato de La Pietra di Sangue (titolo originale: Sabella), un libro che parla di una tormentata ragazza con un potere molto strano e un'identità da scoprire e comprendere.




Non ebbi molto successo con The Castle of Dark, anche perché tentai di leggerlo in inglese quando la mia abilità in quella lingua era ancora molto da perfezionare. Non riuscii a terminare il libro.
Queste le mie esperienze riguardanti le opere di Tanith Lee ai bei tempi in cui avevo 20 anni e qualcosa.

In tempi più recenti ho apprezzato un racconto e un libro, entrambi in lingua originale: Medra, il racconto, parla di una strana donna senza tempo che, in un pianeta abbandonato dai suoi colonizzatori e ormai abitato solo da grandi lucertole, continua una vita solitaria composta in buona parte da strani sogni, fino all'incontro con un visitatore (il primo da tantissimo tempo). Bello anche The Isle is Full of Noises, romanzo tratto da una raccolta: una storia di vampiri spiazzante sia per l'ambientazione che per le atmosfere. In entrambi i casi abbiamo delle curiose descrizioni di donne insolite e dei loro insoliti sentimenti. Se vi capita, vi consiglio entrambe le letture.
E ovviamente, nell'antologia tributo a Jack Vance (Songs of the Dying Earth) una delle storie è di Tanith Lee. Questa antologia è disponibile anche in italiano negli Urania (spezzata in tre volumi).

Dalla biografia di quest'autrice scopro che è molto prolifica (parecchi racconti, e una settantina di romanzi pubblicati, più qualcosa ancora nel cassetto) e che ha lavorato in diversi settori, senza aver completato gli studi a un'accademia d'Arte, prima di potersi dedicare a scrivere a tempo pieno: dopo la vendita di un fortunato romanzo poté lasciare la serie di mestieri "stupidi ed estenuanti" che aveva svolto nei primi anni della gioventù. Una gran fortuna rispetto a un sacco di autori italiani, mi permetterei di dire per fare una battuta. Tuttavia, ed è interessante, ho trovato proprio in questi giorni la testimonianza di un altro scrittore anglosassone (il grande Gene Wolfe) che invece ha sempre continuato a lavorare e che trova molti vantaggi nello scrivere e lavorare contemporaneamente. Magari tornerò in argomento.

Comunque sia, il mercato ha permesso a Tanith Lee di cavarsela bene con il mestiere di scrittrice e anche di mantenere una discreta libertà creativa. Non le è andato sempre tutto bene. Come è capitato perfino a qualche grandissimo (Jack Vance in primo luogo) talvolta ha pubblicato con editori secondari ma è sempre riuscita ad arrivare alle stampe. Oggi scrive ancora (oltre i 60 anni di età) ma dice di trovare tutte le porte chiuse. Non la pubblica più nessuno, pare, nemmeno gli editori con cui aveva un ottimo rapporto. Accusa il mercato odierno, la dittatura degli uomini del marketing che ormai controllano le pubblicazioni delle case editrici e non trovano tempo per una scrittrice che venderebbe, ma non abbastanza per i loro gusti.
In passato Tanith Lee è riuscita a sbloccare la sua carriera da simili impasse. Ora che è prossima all'età... pensionabile, riuscirà ancora a trovare editori? O diventerà una ex-scrittrice rottamata, per usare l'orrida locuzione italiana? Chissà. Io spero di no.

Gli anglofoni potranno trovare qui il link a una intervista a Tanith Lee, vecchia di un anno e qualcosa, ma interessante.







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