giovedì 8 dicembre 2011

Estrapolazioni

Condivido un articolo che ho letto in rete tempo fa, non è roba nuova ma merita qualche approfondimento. Scrivere sul futuro, quindi essenzialmente fantascienza, richiede una capacità di estrapolare dal presente (della tecnologia) il futuro (della medesima). Scrivere fantascienza non è necessariamente un tentativo di predirre tutto il futuro, ma direi che non vale la pena di chiamare fantascienza un libro, o un film, se non c'è un'analisi, una previsione, una scommessa su sviluppi tecnologici e sociali. Questo indipendentemente dal fatto che oggi l'etichetta fantascienza non la voglia praticamente nessuno.
Nel post alcuni autori di una certa fama (Larry Niven tra gli altri) sono stati invitati a dire la loro.
Alcune considerazioni sono molto interessanti.
Le previsioni non possono essere a lungo termine, oltre 10 o 15 anni (Nancy Kress). Questo perché intervengono sviluppi non ipotizzabili, basati su novità tecnologiche improvvise e imponderabili. Vero, dico io, ma solo se si cerca di azzeccarci anche nei dettagli. Non c'è niente di male nel fare del world-building a scadenze molto più lunghe (anche nell'articolo è una delle vie consigliate, ma per un altro motivo: nessuno ti potrà venire a dire che le tue previsioni non erano azzeccate).
L'economia detta legge (Robert Sawyer). Nel 1969, quando l'uomo sbarcò sulla Luna per la prima volta, forse nessuno avrebbe detto che tre anni dopo ci sarebbe stato l'ultimo episodio di questa esplorazione. Gli scienziati e i fanatici dell'eplorazione spaziale possono pensare quello che vogliono, ma se non c'è convenienza a fare una cosa, non si farà.
La mia opinione: ok, è un argomento potente. Se devi pensare che il futuro non sia dettato da considerazioni economiche devi anche immaginare e giustificare un importante cambiamento sociale che trasformi il contesto. Per esempio, per qualche plausibile motivo una superpotenza dovrebbe cadere sotto il dominio di un tiranno che voglia e possa spendere denaro a palate per andare a farsi una passeggiata su un satellite di Giove, fregandosene di problemi più urgenti. Difficile. Credo comunque che le difficoltà tecniche abbiano smorzato gli entusiasmi verso l'esplorazione dello spazio tanto quanto la mancanza di un ritorno economico immediato. Il costo per fare un passo significativo, ovvero trovare un luogo da cui sia sensato trarre materie prime o un pianeta vivibile per esportare popolazione in eccesso, non è nemmeno immaginabile, perché la tecnologia per fare queste cose non esiste e non è al momento ipotizzabile in maniera realistica.
Per Larry Niven gli obiettivi eterni dell'uomo dettano le scoperte, che è anche un po' come tornare a parlare di economia. Poter viaggiare lontano, vivere a lungo, sapere di più. Ma ogni scoperta avrà le sue controindicazioni (come il traffico per l'automobile) e le sue conseguenze inattese.
Una interessante idea sull'intelligenza artificiale applicata alla cura delle persone (Robert Sawyer): ci sono sviluppi che possono far pensare a delle applicazioni in tempi relativamente brevi. Fare le pulizie, accudire gli anziani o i disabili, occuparsi di piccoli compiti domestici: tutti vogliono qualcuno o qualcosa che li aiuti in queste incombenze. La maggior parte della gente non vuole però nulla che faccia ricordare o pensare alle ingiustizie storiche, sociali, di classe ecc... Ovvero, un extracomunitario che ti fa le pulizie, detto dal punto di vista nostrano. La risposta sono i robot e quindi i robot arriveranno, dice l'articolo. Sarà? Io credo di sì. Un paese che invecchia velocemente e non vuole stranieri fra i piedi (il Giappone) non a caso è all'avanguardia in queste tecnologie. Però da questo mi permetto di prevedere dell'altro: l'uscita dal mercato del lavoro di operai di tutti i tipi (non solo i generici o gli imbianchini, muratori e simili, ma anche i tecnici specializzati, almeno entro certi limiti), guidatori di veicoli, cassieri e commessi di negozio, barbieri e parrucchieri (tranne quelli più di moda), falegnami, fabbri e simili artigiani, e via dicendo. A questo punto o ci potrà essere una risposta sociale, ovvero la tanto decantata "fine del lavoro" con una vita più o meno scalcagnata per il 90% della popolazione o giù di lì, condannata a ridursi a inutili scimmie, o una risposta liberale, ovvero i giochi sono fatti, chi controlla questa rivoluzione conta i suoi soldi, chi viene messo fuori mercato può crepare, il tutto con le tensioni (a dir poco) forti che ne deriverebbero. Non vedo come riassorbire una simile massa di disoccupati. Insomma, il futuro è inquietante. Per questo ho messo un bell'incrociatore spaziale come illustrazione del post, non esisterà forse mai, ma almeno mette speranza.





Nessun commento: