martedì 31 agosto 2010

Morto il padre dei wargames

Charles Roberts, un nome certamente non famoso come quello di Gary Gygax creatore del Gioco di Ruolo. Anche perché della sua creatura dopo qualche anno si era completamente disinteressato: il suo principale interesse era quello per le ferrovie, cui si è dedicato fino agli ultimi giornidi vita. E' morto il 20 agosto di polmonite a 80 anni, ma fin dagli anni '60 aveva ceduto la Avalon Hill, compagnia che aveva fondato intorno ai primi titoli di giochi strategici.
La sua importanza è di averli lanciati in forma diffusa e "popolare," dando l'avvio a un hobby che ha avuto diverse diramazioni: giochi per computer, i più semplici giochi da tavolo di oggi e, penso, una certa influenza anche sul wargame tridimensionale e lo stesso gioco di ruolo.

I giochi di simulazione militare sono esistiti anche in passato, sia con l'uso di miniature (un settore particolare che fa storia a sé) sia con altri mezzi. Per chi non lo sapesse, molti ufficiali dei bei tempi che furono si addestravano con questo tipo di giochi (oggi lo fanno sul computer), e con essi simulavano ipotesi di conflitti. Per esempio, il generale russo Zhukov guadagnò attenzione sbaragliando il suo opponente in una simulazione dell'invasione della Russia tenendo la parte tedesca (situazione che poi si verificò). I Giapponesi si giocarono la guerra nel Pacifico a tavolino e rifiutarono il verdetto del gioco (che era contro di loro), salvo poi verificarlo nella realtà.
Charles Roberts, che pure si interessò per pochi anni all'hobby  che aveva creato, fu un personaggio fondamentale per ampliare i nostri orizzonti ludici. Perciò, anche se lui si era "dimenticato" di noi, è giusto che noi lo ricordiamo

venerdì 27 agosto 2010

Musica tradizionale e popolare

Una passione per me non divisibile da quella del fantasy, anche se sono piuttosto schizzinoso nei miei gusti. Il puro e semplice folk di solito non mi interessa molto, sono più per gli artisti che hanno saputo reinterpretarlo.
In Italia non mancano gli appassionati, anzi, di gruppi mi sembra che ce ne siano una marea ma non c'è un vero circuito musicale organizzato, ovvero come al solito non c'è sufficiente mercato.
Direi che il meglio di questo genere è stato espresso negli anni 70 e dintorni, nella scena anglosassone, tanto per cambiare. Il mio gruppo preferito però è francese: i Malicorne, di cui non pare esistano molti video in circolazione. Si sono riuniti (a luglio di quest'anno) per fare un solo concerto, magari nell'occasione hanno rimediato a questa carenza...

Il grande Davide Van de Sfroos, cantautore lombardo per eccellenza:



Malicorne (un video incompleto). La storia di uno studente (un po' scemo?) che si fa convincere da sua madre a uccidere la fidanzata. Poi si pente, ovviamente...



Gli Steeleye Span con una canzone "politica" di qualche secolo fa (una satira contro la casa Reale di Hannover che era salita al trono d'Inghilterra dopo un periodo di guerre civili e conflitti religiosi). La canzone è cantata in qualche tipo di dialetto, pertanto anche a sapere l'inglese è arduo capirci qualcosa:



I Fairport Convention riprendono un'antica ballata su una storia di infedeltà che finisce nel sangue:



Ginevra di Marco (ex CCCP) interpreta il Canto dei Sanfedisti, ovvero le milizie di poveracci e bigotti che cercarono di resistere quando le armate Francesi fecero traboccare le idee rivoluzionarie fino al nostro feroce e torpido sud (i nobili e i latifondisti li avranno ringraziati, almeno?):



Una bellissima voce femminile per i Pentangle. Il video (il cui titolo vuol dire più o meno: "Non lasciate che un uomo vi rubi la verginità") non può essere inserito qui perché manca il codice, comunque ecco il link:

http://www.youtube.com/watch?v=RwT0COKXFMM&feature=related

Buon ascolto...

lunedì 23 agosto 2010

Occasione mancata con Pandorum

Se vi piace la fantascienza guardatevelo, anche se non è un capolavoro. Stavolta la mia recensione parte da quello che potrebbe essere il giudizio finale, così sistemiamo subito quelli che hanno fretta. Ma forse se siete appassionati di fantascienza (o se avete fretta) questo film ve lo siete già visto, perché sui nostri schermi è arrivato con molto ritardo rispetto ad altri paesi.

Scherzi a parte, Pandorum (coproduzione USA-Germania) è un film di fantascienza basato su una "nave arca", dove qualcosa è andato storto. Il nome della nave, per la cronaca, è Elysium: ha abbandonato una Terra ridotta in uno stato disastroso (proprio ciò che sta lentamente avverandosi, e senza navi spaziali per scappare), e sta cercando di raggiungere un pianeta abitabile assai lontano. Un membro dell'equipaggio, Bower (Ben Foster è l'attore) si sveglia senza ricordare praticamente nulla della missione e degli eventuali problemi, e poco dopo è raggiunto da un altro personaggio, un ufficiale (interpretato da Dennis Quaid), il quale ne sa quanto lui.
Le tematiche che vengono subito messe sul tavolo per creare una storia claustrofobica e allucinante sono parecchie: la nave ha un serio problema e bisogna che un tecnico (il temerario Bower) intervenga, percorrendo un lungo viaggio all'interno delle sue viscere; il percorso è reso mortalmente insidioso dalla presenza di una sorta di bruttissimi mutanti-zombie (permettetemi uno sbadiglio) la cui presenza è ovviamente motivata a vanvera; i viaggi nello spazio fanno insorgere a volte una sindrome che scatena nel paziente la follia, alimentata da timori paranoici, e più di un personaggio comincerà a manifestarne i sintomi; infine Bower, [spoiler] pur essendo confortato da alcuni alleati trovati per strada, ha il problema di ricordarsi di una amatissima fidanzata, ma non sa se è a bordo o se è in pericolo (o se è già morta!).

Ci sono un paio di colpi di scena (tra cui la reale collocazione dell'astronave e la vera data in cui si svolgono i fatti), qualche stimolo nella trama, che però manca di ritmo (il film qua e là fa sbadigliare). Un paio di personaggi sono ben costruiti, gli attori non sono neanche male, però il film sa molto di già visto. Sia a livello di immaginario visivo che di situazioni, i riferimenti a Resident Evil o Punto di non Ritorno sono parecchi, e potrei citare anche Alien, o The Abyss, o altri film ancora. Una trama che poteva essere svolta in maniera intelligente e poco convenzionale è stata fatta scadere nel più banale dei film d'azione, azione per di più già vista, e sono proprio quelli i momenti che mi hanno annoiato di più.
Il film si fa vedere ma delude. Come Solomon Kane: buoni spunti mal sfruttati, occasione mancata.

sabato 21 agosto 2010

Omaggio (?) a Ray Bradbury

E' vero che qui ho deciso di evitare qualsiasi contenuto inadatto ai minori (o quantomeno di darmi una regolata) ma date un occhiata a questo video perché fa troppo ridere:

http://www.youtube.com/watch?v=e1IxOS4VzKM

stupendo il bisticcio finale con la fan di Kurt Vonnegut...

mercoledì 18 agosto 2010

Anche i Supereroi non sono più quelli di una volta

Nel Corriere della Sera del 17 agosto c'è una pagina intera dedicata al cambiamento dei supereroi negli ultimi tempi. Interessante, anche se penso che ce l'abbiano messa solo perché ad agosto non sanno cosa pubblicare; comunque il tema è il "peggioramento" dei modelli che i supereroi propongono.

Egoisti e vendicativi, dice il titolo. Non ci sono più supereroi con un lato umano, i "bonaccioni mascherati" sono stati sostituiti da dei paladini del Male. Proprio così. Egoisti, maneschi, maschilisti. Esempio che vale per tutti: il "capitalista" e "reazionario" Iron Man.

A parte il fatto che c'è una certa confusione tra supereroi e altri protagonisti del cinema e dei fumetti, la trattazione mi pare completamente fuori bersaglio. E' vero che la violenza si fa sempre più pervasiva ed esplicita, ma questa non è una caratteristica dei supereroi (che siano su carta o sullo schermo), è una tendenza di tutto il mondo dell'intrattenimento, tendenza che io personalmente reputo negativa come ho già scritto in passato. Se i superuomini di un tempo erano molto legati a valori tradizionali e a eterne fidanzate cui erano fedelissimi (o anche a ragazze desiderate ma a cui non trovavano il coraggio di dichiararsi) va tenuto anche in considerazione che nel periodo largo circa a cavallo della Seconda Guerra Mondiale (quando i personaggi classici hanno cominciato a muovere i primi passi) c'erano determinati limiti in quello che si poteva mostrare o non mostrare, soprattutto in prodotti di intrattenimento destinati a un pubblico giovane; questo era particolarmente vero nel mondo del fumetto, e in parte ovviamente è vero ancora oggi, nonostante tutto.

Pertanto se uno vuol fare una considerazione specifica sui supereroi dovrebbe vedere se i loro valori si sono evoluti in maniera diversa dalla normale evoluzione del costume. E bisogna considerare anche il fatto che certi cliché erano diventati improponibili; questi personaggi sono stati resi più problematici anche perché non si sapeva più cosa fargli fare o dire, quali nemici dai poteri quasi impossibili opporgli, vista la loro potenza.

Circa l'immoralità di un personaggio come Tony Stark (Iron Man), chi lo conosce veramente sa che è un personaggio fondamentalmente positivo, per quanto molto particolare (il fatto che poi venga condannato perché è "capitalista" e "reazionario" mostra un punto di vista con cui si può anche fare i conti, ma non è certo un punto di vista generico bensì uno molto politicamente determinato). Dal momento che Stark si pone il problema del fatto che le proprie industrie producano armi, e che si batte contro i cattivi, non vedo proprio, comunque, come possa essere considerato un "paladino del Male".

Altri personaggi hanno avuto un'evoluzione che ha lasciato il segno. Il Batman del cinema recente e quello disegnato da Frank Miller sono molto diversi dal Batman dei telefilm anni '60, quelli in cui quando si tirava un cazzotto compariva la scritta POW! gialla su tutto lo schermo. Tuttavia c'è anche da dire che siamo in un mondo in cui le cose si capiscono prima e anche i ragazzi più giovani non si accontenterebbero delle storie di 50 anni fa.

Oggi abbiamo personaggi più a tutto tondo e più realistici come personalità, anche se ovviamente le loro storie sono sempre eccezionali. Presi dai fatti loro e dai loro problemi, intenti a vendicarsi di qualche torto personalmente subito, ma non per questo si può dire, in genere, che "non gliene importa nulla di salvare il mondo" come fa l'articolo. Quanto al fatto che siano diseducativi per i ragazzi come esempio da seguire, posso solo dire per rimembranza personale che gli esempi stucchevolmente buoni non sono comunque efficaci, e peraltro ho qualche dubbio che un supereroe debba avere questa funzione.

Possono essere intrattenimento più o meno buono, possono avere un valore anche culturale (e questo lo ammetto a stento, avendoli considerati poco più di una buffonata per tanto tempo) o darci delle storie non prive di qualità, ma dubito che personaggi con i "superpoteri" o comunque così speciali abbiano il compito di fornire l'esempio per chi deve imparare a cavarsela nel mondo reale, con le proprie forze e le proprie debolezze, di cui deve cominciare a farsi un'idea. E' un po' lo stesso motivo per cui mi lascia indifferente chi sta a vivisezionare Harry Potter per scoprire quali valori trasmette. L'intrattenimento non deve per forza trasmettere valori e non è detto che un giovane debba trangugiarne dalla mattina alla sera (con la società che abbiamo, a cosa servirebbe del resto far ingollare continuamente messaggi positivi?). Per il semplice fatto che ha un dono incredibile e un destino particolare fin dalla nascita (due caratteristiche che lo mettono irrimediabilmente sopra tutti i "babbani" senza che abbia fatto nulla per meritarlo) qualsiasi tentativo di dare un valore educativo al noioso maghetto è zoppo fin dalla partenza, e lo stesso più o meno si può dire dei supereroi.

In conclusione, l'articolo del Corriere mi sembra assai discutibile.

lunedì 16 agosto 2010

Vita e morte delle serie TV

Per gli anglofoni, suggerisco questo link: un'immagine che in maniera divertente, breve e concisa (e anche abbastanza veritiera) espone come e perché le serie televisive raggiungono un picco qualitativo e poi declinano tristemente nell'oblio e nella mediocrità, diventando la presa in giro di sé stesse.

sabato 14 agosto 2010

Ultimatum alla Terra

Se devo essere sincero, non mi è dispiaciuto troppo questo l'inizio di questo Ultimatum alla Terra (ovvero The Day the Earth Stood Still in lingua originale albionica, remake di un fortunato predecessore degli anni '50 che è tra i classici di Hollywood). Diciamo che il disastro si è verificato mentre la trama si dispiegava, ed è diventato presto di proporzioni colossali. Per fortuna, avendo percepito qualche avvisaglia a suo tempo, evitai di vederlo al cinema: mi sono limitato a prendere a prestito il DVD per togliermi la curiosità, e ahimé me la sono tolta.

Keanu Reeves, pur non avendo dato il meglio di sé in questo film, è uno degli attori che mi piacciono di più nonostante la sua apparente inespressività; la spettacolarità non manca (come al solito!) e viene abilmente costruita la suspence su cosa stia davvero per succedere. La differenza con il film del 1951 è che l'approccio degli umani ora è completamente negativo ma la sostanza resta la stessa (spoiler): l'alieno Klaatu deve correre a nascondersi e non può pronunciare le sue esortazioni pacifiste ai terrestri. Il robot che protegge Klaatu (Gort) è creato in maniera da farlo assomigliare al suo predecessore in bianco e nero e tutto sommato fa la sua figura.

Presto cominciano i problemi e la trama se li procura proprio cercando di diversificarsi dall'originale (che a sua volta rielaborava un racconto di fantascienza). Non si può parlarne senza "spoilerare", purtroppo.
Mentre nel vecchio Ultimatum alla Terra gli alieni erano preoccupati perché l'umanità avrebbe potuto presto raggiungere la tecnologia per portare la guerra in mezzo a loro, il remake prende a prestito certe ideologie da ecologisti da strapazzo, quelli che ammazzerebbero un milione di persone per salvare la foca monaca: Klaatu è una specie di ambasciatore dello spazio che potrebbe (forse!) darci un'ultima chance, ma in fin dei conti la decisione è stata praticamente già presa e non riuscendo a parlare coi rappresentanti dei terresti (visto che appena esce dall'astronave i soldati gli sparano) Klaatu diventa l'esecutore, aiutato dalla potentissima tecnologia che si porta dietro: praticamente inizia il genocidio dei terrestri, che devono essere eliminati perché sono una razza distruttiva.

Per non sembrarci troppo cattivo e non spaventare la scienziata (Jennifer Connelly) che lo ha salvato (e il solito bambino rompiscatole che c'è in tutti i film di questo tipo) evita la morte imminente di un poliziotto di cui si è brutalmente liberato, gesto la cui incongruenza con le sue intenzioni finali è tale che nello stesso film viene chiesta una spiegazione (uno degli ultimi lampi di logica nella storia); peraltro in seguito distrugge degli elicotteri e non si prende il medesimo disturbo coi loro equipaggi: chi lo sa, sono dentro una cabina che va in fiamme, occhio non vede, cuore non duole? Insomma c'è il tentativo di far vedere come buono un alieno che dà il via delle atrocità tremende, e questo l'ho trovato sconcertante.

C'è qualcosa che non va in questo personaggio dall'aria saggia e filosofica che mette in atto un genocidio per evitare che una razza cattiva distrugga un prezioso pianeta abitabile... pianeta che, Klaatu mette ben in chiaro, non è il nostro pianeta.
Forse, visto che noi siamo cattivi e aggressivi e saccheggiatori, dobbiamo essere sterminati: ma chi verrebbe al nostro posto avrebbe fatto proprio un'azione di cui l'umanità ha una certa pratica: stermino degli indigeni per prendere le loro risorse e la loro terra. Mi sembra un po' la morale di chi ha voluto massacrare gli indiani perché erano dei selvaggi...

Aggiungiamo poi che la scienziata convince Klaatu che in fin dei conti la razza umana è in grado di cambiare, quando è sull'orlo del precipizio: ci riesce senza che poi si veda chissà quale trasformazione antropologica nei personaggi del film. Klaatu ha perfino incontrato in una scena precedente un team di esploratori che hanno vissuto tanti anni con gli umani, mimetizzandosi in mezzo a loro, e giungendo alla conclusione che sia inevitabile farli fuori pur volendogli bene (no comment); ma al dunque Klaatu smentisce le loro conclusioni negative decidendo in cinque minuti di cambiare idea e salvare l'umanità, insomma abbiamo un guazzabuglio logico portato alle più irrimediabili conseguenze.

Klaatu si sacrifica per fermare un'arma assai spettacolare che sta annientando la razza umana e scompare, lasciando però le macchine immobili, incapaci di funzionare. Forse per farci riscoprire il piacere di lavorare la terra con la zappe e di mungere le mucche a mano. Ovviamente è un'altra stupidaggine, senza la tecnologia e le macchine l'umanità subirebbe una carestia più vari altri problemi che porterebbero alla morte centinaia di milioni di persone. Non credo che ringrazieremmo Klaatu per questo.

A quanto leggo su wikipedia sono stati spesi 80 milioni di dollari per produrre questo film. Una cifra da capogiro, ma non sono soldi miei. Il fatto che il pubblico ne abbia sganciati 230 per vederlo è agghiacciante, ma io non ho speso nulla per farmelo prestare. Purtroppo, però, questo incredibile successo significa che chi ha prodotto questa pellicola ci infliggerà altre delizie dello stesso livello. Chissà quanti film piacevoli (o almeno decenti) non saranno, invece, mai messi in produzione.

domenica 8 agosto 2010

Blogger al potere!

Faccio "rimbalzare" anche qui la notizia, che ho trovato qualche giorno fa sul blog di Tanabrus, riguardo al gruppo di blogger che ha iniziato una collaborazione con gli editori per recensire periodicamente i loro libri.

Non che sia un'estrema novità in Italia, sporadicamente è capitato anche al sottoscritto di ricevere qualcosina da leggere e commentare, però mi sembra una buona cosa che l'importanza di chi scrive sui blog venga riconosciuta, il che ovviamente è dato per scontato altrove, ad esempio gli USA, ma non da noi (questo il link al post cui mi riferisco, e questo al gruppo in questione).

L'importante è che venga salvaguardata l'indipendenza di chi deve recensire, è logico. Far parte di un gruppo "codificato" potrebbe essere utile per resistere a pressioni ma la conseguenza potrebbe essere anche quella opposta. Vedremo come si svolgerà il progetto, sono curioso. Potrei anche decidere di chiedere di farne parte, però avrei senz'altro dei limiti nel tempo da dedicarvi (e poi ho già un sacco di libri miei da terminare di leggere...).

venerdì 6 agosto 2010

Segnali dalla schifezza

Mi sono abituato a film mediocri con poche idee nascoste da tanti effetti speciali, ma questa volta con Segnali dal Futuro (Knowing) sono proprio cascato peggio del solito.
Una trama ridicola e un protagonista che si potrebbe definire una ex-promessa del cinema di oltreoceano, Nicolas Cage, un bambino inespressivo e antipatico, un paio di altri personaggi in croce, tutti troppo poco sviluppati... e qualche disastro spettacolare, ovvero un treno del metrò che deraglia, un aereo di linea che precipita, fino alla vera e propria fine del mondo, nientemeno. Questi gli ingredienti di un film davvero poco digeribile. E' dell'anno scorso perciò se vi è toccato di vederlo al cinema la fregatura l'avete già presa, se state per comprare il DVD (o Blu Ray) vi consiglierei di non farlo, detto questo avverto che anticiperò la trama, per quello che vale.

Parte tutto da una bambina chiamata Lucinda che vede strani personaggi che la controllano da lontano, sente degli strani sussurri e strane influenze. Sotto l'influsso la bambina scrive una misteriosa serie di numeri e questo è il suo lavoro da collocare in una Time Capsule, ovvero uno di quei contenitori che negli USA ci si diletta a riempire di oggetti o scritti vari, per farli recuperare qualche decennio dopo in modo da far scoprire ai posteri aspetti magari dimenticati della propria epoca. Passano i decenni e Caleb, il figlio di un certo prof. Koestler (Cage), riceve un oggetto dalla capsula chiusa ai tempi di Lucinda. Il foglio pieno di numeri stuzzica la curiosità del professore che si ingegna per dargli un significato e scopre che si tratta di una serie di eventi tragici e catastrofici catalogati per numero di vittime, data e coordinate geografiche. Indagando sulla famiglia di Lucinda scopre a poco a poco il significato di questa profezia (del resto uno degli incidenti che devono ancora capitare capiterà proprio dove c'è lui...) e allo stesso tempo va (comprensibilmente) in paranoia perché vede personaggi misteriosi che ronzano intorno a suo figlio, il quale, come Lucinda ai suoi tempi, comincia a sentire strane voci.

Per farla breve, Koestler si rende conto che l'ultima profezia riguarda la fine del mondo (causata pochi giorni dopo da un'eruzione solare fuori misura) e sa anche che non ci sono metodi per salvarsi. Ciononostante si prepara a portare in una profonda grotta Caleb con due altri personaggi del film: una donna, Diana, e sua figlia (si tratta di figlia e nipote di Lucinda, Koestler le ha conosciute nelle sue investigazioni).
Nel parapiglia della fuga, in cui contrariamente a parecchi film catastrofisti vediamo che il governo avverte la popolazione dando pure qualche consiglio inutile per mettersi in salvo,  Diana realizza con una azzardata manovra stradale la profezia che Lucinda, penso con un certo cattivo gusto, le aveva fatto parecchi anni prima: ovvero che quel giorno sarebbe morta.
Ma non va molto meglio per Koestler, perché i misteriosi personaggi che ronzavano intorno a Caleb si rivelano per alieni (penso che il pubblico lo capisca a meno di un terzo del film se non addirittura all'inizio) e sono lì per salvare un manipolo di esemplari dell'umanità allo scopo di permettere "un nuovo inizio", ma la chiamata l'hanno ricevuta solo Caleb e la figlia di Diana perciò c'è un addio strappalacrime, e Koestler resta a terra! E se ne va a morire a casa del padre, con cui aveva malamente troncato i rapporti anni prima. I due bambini (con un paio di coniglietti) se ne vanno a spasso su un nuovo pianeta.

Mentre seguivo questa edificante storiella, e avevo capito da un pezzo che i personaggi misteriosi erano alieni che possono vedere nel futuro, e fondamentalmente non cattivi, mi chiedevo alcune cose. Ad esempio, quando hanno scoperto che la Terra è spacciata perché non si sono limitati a prelevare qualche persona e bestia facendo una specie di Arca di Noè, senza andare avanti per decenni con delle manfrine? Perché hanno ispirato a Lucinda una serie di profezie e non semplicemente il problemone finale della distruzione del mondo? E comunque che valore ha profetizzare una catastrofe definitiva se anche il governo è in grado di prevederla e parlarne in anticipo alla TV (contrariamente agli incidenti e ai disastri messi lì solo per far lambiccare il cervello al prof. Koestler)? Insomma perché non hanno detto le cose chiaramente anziché far giocare gli umani al quizzone coi numeri apparentemente insensati scritti dalla bambina? Qual è lo scopo di far girare in tondo il professore in una investigazione inutile, facendogli capire l'imminenza di un evento che non può alterare, e facendolo prendere parte a una vicenda a cui in fin dei conti è estraneo, visto che si tratta solo di portare in salvo suo figlio e non lui? E quanto ai due bambini, se proprio quei due dovevano essere scelti, perché prelevarli solo all'ultimo giorno? E infine gli alieni non ce l'avevano un posto a bordo per il povero prof. Koestler, nemmeno come lavapiatti?

Ma è semplice: tutte queste assurdità servono a fare un film che apparentemente sembra misterioso ma che grattando mezzo millimetro sotto la superficie è una baggianata colossale, e volutamente strappalacrime.
E ha incassato, a quanto pare, 183 milioni di dollari.

domenica 1 agosto 2010

One More Barrel

La casa produttrice di questo One More Barrel è italiana, la Giochix, e italiano è anche l'autore, Michele Quondam. Fin dalla scatola, dove sono raffigurati in caricatura Bush, Aznar, Blair e Berlusconi, ovvero i principali leader della coalizione occidentale, e fin dal titolo, si capisce che questo gioco fa satira sulla guerra e ne mette in luce il vero scopo: arraffare il petrolio. E lo fa, devo dire, in modo intelligente, anche se ovviamente non è una autentica simulazione.

Scopo del gioco è guadagnare più soldi. La partita si svolge in tre fasi distinte: all'inizio c'è la guerra, e per alcuni turni i giocatori devono muoversi in maniera prettamente militare, affrontando una resistenza piuttosto accanita anche se lo squilibrio delle forze è tale che gli irakeni di Saddam non hanno nessuna speranza di fermare la "liberazione" da parte dei giocatori. Fin dall'inizio ovviamente la mira è di collocarsi nelle zone più fruttifere, ovvero dove ci sono i più grandi giacimenti di petrolio. I giocatori cominciano inoltre a costruire infrastrutture per poter immagazzinare ed esportare il greggio, e per mantenere la sicurezza attorno alle zone che procurano il maggior guadagno. In questa fase è anche importantissimo investire nei mass media per mantenere basso l'indice dell'influenza dei pacifisti (che cresce insieme al dispiegamento delle truppe, quindi se è vero che senza soldati non si vince, averne troppi può essere una cattiva idea). Se i movimenti per la pace vanno fuori controllo diventa molto difficile proseguire la guerra.

La seconda fase avviene dopo la cessazione della fase più intensa delle ostilità, come annunciò Bush nel maggio 2003 da una portaerei (facendoci una pessima figura alla luce della guerriglia che si scatenò dopo).
Non c'è più una forte resistenza militare quando i giocatori si spostano di zona in zona per "mettere in produzione" i pozzi di petrolio irakeni. Però inizia la resistenza, gli attentati con gli ordigni esplosivi ecc... Questo è simulato con un sistema molto elementare, in cui ogni giocatore manovra anche un gruppo di terroristi. Lo scopo ovviamente è quello di danneggiare i propri alleati-rivali.

Infine c'è la fase della ricostruzione, in cui esiste un governo irakeno che prende la sua parte di petrolio prodotto e i giocatori possono approfittarne solo in parte, e a seconda di quanto influenzano il governo. Inoltre ci si arricchisce con gli appalti della ricostruzione, che diventano cruciali per accumulare punti che si sommano al denaro per determinare la vittoria.

Questa è una spiegazione ovviamente molto schematica. Considerazioni generali che si possono fare: il gioco è molto semplice e ben gestibile, con i consueti elementi dei tracciati in cui si segnano i progressi in varie attività che influenzano il gioco e ci si contende la possibilità di eseguire le attività delle varie fasi, che sono limitate.
Molta importanza, nella mia esperienza, ha il poter giocare per primi, perciò volentieri si spende una delle proprie mosse per essere primi il turno seguente (se un altro giocatore non lo fa prima di te ovviamente!).
Forse vi è un'influenza eccessiva della fortuna, ma non ho una sufficiente pratica di questo gioco per giudicare davvero questo elemento. Sicuramente un tratto realistico, ovvero l'importanza della zona di Bassora, può sbilanciare il gioco, perché fa parte delle regioni che si possono raggiungere subito e diventa una fonte di grande guadagno per il primo che se la becca, anche se, ammetto, se un giocatore sa costruirsi bene le proprie fortune in altre zone della mappa può far sbiadire questo elemento nelle fasi finali del gioco. Il mio giudizio è favorevole perché nella sua semplicità One More Barrel pone il giocatore di fronte a una serie di scelte alternative non banali, è divertente, e consente il giusto livello di interazione competitiva tra i giocatori.

Ecco dove potete dare un'occhiata al regolamento di questo gioco. Ci sono anche filmati esplicativi.