domenica 26 luglio 2009

Il Cavaliere Inesistente


Ebbene sì, visto che la scuola non mi aveva portato a conoscere quest'opera fantastica di Italo Calvino, ho deciso di rimediare alla mancanza.
Il Cavaliere Inesistente è un romanzo breve imperniato su una figura di personaggio che, come dice il titolo, non esiste: il cavaliere Agilulfo è un'armatura vuota, un'entità misteriosa che si sforza di rimediare alla propria non-esistenza mettendo il massimo zelo in tutte le cose che fa, fino a rendersi odioso ai compagni d'armi nell'esercito di Carlo Magno, dove serve.
Assieme a lui c'è un discreto numero di figure secondarie che si trovano in difficoltà simili. A tutti manca qualcosa, tutti devono arrivare a un obiettivo. Siccome Calvino era uno scrittore serio, chi vuol leggere più che altro per intrattenimento intuirà la possibilità del predicozzo morale, ma può star tranquillo: Il Cavaliere Inesistente si legge tranquillamente a diversi livelli. In effetti alle avventure un po' alla Brancaleone di Agilulfo e compagni si sovrappone per tutto il libro una serie di metafore con uno scopo ben preciso: affrontare il problema dell'uomo moderno nella sua mancanza di completezza, nel suo essere imprigionato da interessi frivoli e trappole tecnologiche, da nevrosi che gli impediscono di godere interamente della gamma delle possibili esperienze umane.

Pertanto tutte le ricerche e le lotte del libro sono una ricerca dell'essere (o dell'esistere pienamente) che coinvolgono non solo i personaggi ma anche il popolo di una regione che si libera di un gruppo di crudeli oppressori, i Cavalieri del Graal, che commettono le peggiori nefandezze spinti "dall'amore" (uomini settari, crudeli e pazzoidi su cui Calvino fa una satira feroce, e poiché era da non molto tempo reduce da una dolorosa separazione con il PCI, ero tentato di vederci una frecciata contro il comunismo: ma l'autore aveva a suo tempo espressamente smentito proprio una contemporanea interpretazione di questo tipo). I villici che sconfiggono i cavalieri del Graal si realizzano scoprendo una propria identità di popolo e comunità, e lo fanno nel combattere contro un nemico comune.

Se mi concedete un'anticipazione sulla trama (ma saltate il paragrafo se intendete godervi il libro) il destino di Agilulfo sarà proprio quello di realizzare la propria non-esistenza, lasciando la propria armatura ora veramente vuota come dono a un altro cavaliere.

Divertente se vi volete divertire, profondo se volete la complessità, e con un pregio che io valuto molto: la brevità. Questo libro per giunta è scritto benissimo. E' con entusiasmo che vi invito a leggerlo.

6 commenti:

alladr ha detto...

be', con me sfondi una porta aperta. trovo la trilogia dei nostri antenati, tutta, un capolavoro. pure nella sua eteogeneità, quella raccolta è uno splendido esempio di... ecco, pensi anche tu di poterla definire fantasy oppure no? ne ho discusoo con altri, e mi sono trovato abbastanza isolato su questo fronte.

Bruno ha detto...

@ alladr: Le categorizzazioni le prendo sempre un po' con le molle e non mi interessano tantissimo, ma provo a rispondere.
Laddove l'elemento immaginario irrompe, estraneo e straordinario, nel mondo reale, la regolare etichettatura dovrebbe essere "fantastico" riservando il "fantasy" alle storie dove l'elemento immaginario tracima nella normalità del mondo raccontato. Però, premesso che io ho letto soltanto questo libro della trilogia di Calvino, direi che qui il riferimento a Carlo Magno e all'Europa dell'alto medioevo sia così vago e impreciso da rendere la differenza estremamente vaga. Aggiungiamo il fatto che una quantità di elementi decisamente fantastici o bizzarri sono presi senza troppa sorpresa da tutti quanti (e tra questi elementi si può comprendere anche la curiosa natura di Agilulfo, che svolge un normale ruolo nell'armata imperiale, anche se tutti sanno che "non esiste"). Direi quindi che non è sbagliato definire questo libro un fantasy, per quanto molto sofisticato e allegorico, e quindi legatissimo al mondo reale.

Anonimo ha detto...

L'ho appena letto dopo averlo saltato a scuola eoni fa come compito delle vacanze, cosa dire ?
E' quasi impossibile trovare al giorno d'oggi tanti elementi di interesse in un libercolo di 125 pagine, al giorno d'oggi questa trama sarebbe stata sviscerata in una trilogia di 5 Kg a tomo...
Ovviamente molti passaggi vengono saltati bellamente in maniera grottesca ma non essendo questo lo scopo del libro non risulta pesante al lettore che non potrà certo lamentarsi dell'escamotage poco credibile vista proprio la natura tutta grottesca dell'opera.
Insomma un libercolo molto piacevole con spunti esistenziali interessanti, condivido pienamente il parere positivo di Bruno.
Illoca

Bruno ha detto...

... incredibile quanto fa bene alla reputazione dei libri la cessazione degli obblighi scolastici :)

Anonimo ha detto...

Bhe sicuramente, io ho cominciato a leggere una volta finita la scuola, l'imposizione della lettura mi pesava molto.
Ora sto pensando di cominciare qualche classico (Orwell) chissà se sono maturato tardi io oppure prima era troppo presto prima....
Potrebbe essere un motivo di riflessione per il tuo blog ^_^
Ho bisogno di qualcosa che stimoli almeno un minimo la riflessione...
Sto invecchiando e forse non è proprio un male...
Illoca

Bruno ha detto...

Sul fatto che ci possa essere un'età giusta per certi libri non so.
Alcune letture precoci possono essere utili in verità, ma ricordo tante cose che non ho capito perché non ero abbastanza maturo.

Per quanto riguarda Orwell: ho letto 1984, La Fattoria degli Animali e Omaggio alla Catalogna. Tutti interessanti e ricchissimi di spunti: 1984 è il mio preferito (letto e riletto sia in inglese che in italiano) e Omaggio alla Catalogna quello più coinvolgente.