giovedì 25 ottobre 2007

L'evocazione di Arlia

Episodio precedente
Eccomi di nuovo a postare qualcosa di mio, riprendendo il post che feci sulla mailing list di Fantasy Story.
Qui l'amante misterioso di Arlia, Rakanius, scopre che l'avvenente ballerina è morta.
Rakanius, mago oltre che telepate, era intento a ordire la trama del suo complotto per il potere e così ha tardato all'appuntamento con Arlia, che per questo è morta.
Per capire alcune cose che troverete e che sono presentate nel più ampio contesto del libro: Mhurak e grial sono razze non-umane menzionate qui; l'aerostro è un destriero volante; Mariplun è l'isola dove ha luogo la scena; Jal è la luna.
Grazie per qualsiasi critica costruttiva.


Scendeva la notte, Rakanius vagando lentamente si avvicinava alle
acque del mare, luccicanti della luce di Jal. Era completamente
stordito dal dolore. Se ci fossero stati altri mhurak, o avversari di
qualunque tipo, Rakanius si sarebbe trovato in grave pericolo, ma per
sua fortuna non incontrò nessuno. Si fece cullare dal rumore delle
onde che s'infrangevano sulla spiaggia. Cominciava a levarsi la
nebbia, la notte era cupa e fredda.
Rakanius si sforzò di recuperare la concentrazione. Tracciò alcuni
segni sulla sabbia e mormorò parole misteriose. Voci e lamenti
provenienti dall'invisibile si fecero udire attorno a lui, e forme
luminose circondarono il mago fluttuando evanescenti nell'aria.
Percepì i pensieri di un grial ucciso a Mariplun cinquecento anni
prima, sentì la minaccia di alcuni demoni che su un altro universo
erano stati stimolati da quella possente evocazione, udì disperate
grida di dolore. Rakanius imprecò, e si concentrò ancora nella sua
ricerca. Dopo alcuni istanti una sagoma eterea prese forma davanti a
lui, pervasa da una pallida luce azzurra.
"Arlia!" disse Rakanius piangendo, e tese la mano verso di lei.
"Amore," rispose il fantasma, "perché mi cerchi?"
Rakanius sentì la disperazione prenderlo alla gola.
"Arlia," mormorò con voce strozzata, "io non posso perderti! Ho
soltanto te."
"La nostra razza è così sventurata, amore. Ti sentirai così solo,
adesso... e anche io... com'è fredda la morte!"
Rakanius alzò le braccia al cielo e gridò, poi corse avanti e cercò di
abbracciare l'immagine di Arlia, ma afferrò soltanto il vuoto. Allora
rimase a guardarla negli occhi, gli occhi della donna con cui poteva
comunicare ogni sentimento senza bisogno di parlare. Lui era stato
sempre un uomo duro, crudele e dominatore, e anche lei era cinica e
fredda, quando le occorreva, ma tra di loro non avevano mai avuto
l'ostacolo dell'ostilità che riversavano sugli uomini normali. Erano
stati la sorgente di vita l'uno per l'altra, il rifugio dell'anima,
l'unica opportunità di mettere in disparte la paura e l'odio.
"Devo andarmene, mio amato," sussurrò il fantasma, "mi manchi tanto,
ma non posso restare qui."
"Parla con me, ti prego! Mi basta vederti ancora... io voglio solo te,
e resterai sempre nel mio cuore."
Ora la voce del fantasma era soltanto un bisbiglio, bisognava
sforzarsi per distinguerla dalla risacca della spiaggia.
"Ti dimenticherai, amore, vedrai... solo la forza, il dominio e l'odio
resteranno a darti una ragione per vivere... o per morire. Addio...
sempre più raramente mi ricorderai, ma ti prego... pensami, ogni
tanto: io ho amato solo te."
La figura di Arlia, la più bella delle belle, svaniva piano piano.
"Non andartene, non ancora!" gridò il mago singhiozzando.
"Addio... addio..."
E all'improvviso egli non percepì più la presenza di Arlia e fu solo
di fronte al mare rombante, nel buio della spiaggia solitaria. Una
morsa di ghiaccio gli serrava il cuore. Urlò il suo dolore per tutta
la notte, vagando senza meta, e dopo il dolore urlò la voglia di
vendetta: nessuna sofferenza sarebbe stata eccessiva per chi gli aveva
fatto questo!
All'alba Rakanius tornò in cima al colle, e trovò Meanius morto.
Lavorò meccanicamente, fece quello che andava fatto: bruciò il corpo
del giovane con quelli di Arlia e Hogran, poi prese uno degli aerostri
dei mhurak e lasciò libero l'altro. Aveva guardato il cadavere di
Arlia il meno possibile... voleva ricordarla da viva. Per qualche
attimo contemplò il fumo di quel rogo funebre salire nell'aria limpida
e fredda, ma non si soffermò. Montò sul destriero dell'aria e spiccò
il volo nel gelido mattino.

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